tumblr ng6weor0L41r9qhhio1 1280

 

A ciascuno il Natale porta le sue pene. E le sue calorie. Io le mie comincio a bruciarle prima che entri in casa il panettone, intorno al 20-21 dicembre quando, navigato al largo dell'8 (eh lo so, lo fanno tutti l'8 ma via, è troppo presto), doppiato il weekend successivo (si era offerta di fare tutto mia sorella che è architetto e ha senso estetico ma non s'è vista) e finito io nelle secche di un impegno improvviso quello seguente, l'odore di muschio galleggiante e i campanellini oscillanti sui pianerottoli e sui portoni altrui rendono infine improrogabile l'annuncio: è Natale, bisogna fare l'albero, e il presepe, e tutto il resto! E cinque minuti dopo sono lassù, non sull'albero maestro del veliero di Capitan Uncino, dove starei più comodo, pronto a spiccare il volo, ma sulla trampellante scala da muratore issata a sfidare le leggi dell'aerodinamica e dello spazio, se spazio può chiamarsi quello che rimane del pozzo con tanto di pendolo che è lo stanzino dove mia madre mi fa riporre, a feste finite, le scatole con palle, statuine, festoni e stelle comete, rigorosamente sull'ultimo scaffale (mettile lì che l'anno prossimo se ne riparla). Macchine da scrivere, cassette degli attrezzi, vecchi ferri da stiro, una stampella di-chi-sa-chi, borse da viaggio, bottiglie di liquore, giare d'olio, barattoli di passata di pomodoro, tutto pronto a calarmi addosso al minimo errore di movimento, si fa per dire. E vabbè, bisogna prendersi le proprie responsabilità. Sono o non sono il capitano della ciurma, il maestro di cerimonie quando il Natale arriva in casa mia? La scala scricchiola, barcolla, ma non cadrà, mi convinco, la tengono loro, i miei fidati mozzi, mia madre, con l'unica mano che è riuscita a sporgere nel pertugio dello stanzino, tra un frigorifero in disuso e giocattoli sparsi, e mia nipote di cinque anni, che ci si afferra con tutte e due nel disperato tentativo di salvarmi.

Del resto, cosa mi manca quassù, a parte l'equilibrio stabile? Preferirei forse trovarmi su una nave da crociera, rotta Barcellona- Madeira-Canarie o fiordi norvegesi? No, lì di equilibrio ce n'è anche meno, altrimenti il mio idraulico non se ne farebbe tre all'anno, di crociere, così poi la moglie fa invidia alle amiche di lampada e di parrucchiere (oh, e poi, la sera di gala... pensa, eravamo al tavolo del comandante...). O a Sharm el-Sheik? Anche lì di sicuro troverei qualcuno che conosco quanto basta per trascinarmi al mattino in immersione tra squali martello e i famigerati serpenti marini del Mar Rosso, ad ogni buon conto più mansueti e preferibili agli show da gita scolastica degli animatori da sera del villaggio. O aggregato a una comitiva di turisti alternativi (turisti? Oddio, cosa ho detto, viaggiatori, esploratori, ecco cosa sono), quelli che approfittano della settimana di ferie per percorrere, morsi alle calcagna dallo spirito della scoperta a tutti i costi (e che costi), la Via della Seta, o per violare, primi impiegati del catasto o agenti immobiliari occidentali, località a malapena segnate sulle mappe, e trascorrere l'ultima notte in una località imprecisata tra Aleppo e Samarcanda?

Vorrei, fortemente vorrei, ma non posso, o meglio, non mi ci vedo, dovrei comprare tutto, dal fornetto per scaldare il caffè all'alba all'antidoto contro gli scorpioni del deserto alla tenda, e ormai non faccio in tempo per quest'anno. Al limite, se proprio voglio evitare di trascorrere Natale e Capodanno a meno di duemila miglia da casa, opto per i Caraibi e Cuba. La Thailandia no. Dicono che è bella, e ci credo, ma sulla meritata fama dei suoi paesaggi e dei suoi templi hanno irrimediabilmente gettato un'ombra di sospetto e di sorrisini alcuni miei compaesani e conoscenti (amici no, per carità) che ci passano una quindicina di giorni due volte all'anno. No, meglio evitare. E poi Cuba mi si adatta meglio. È pur vero che ha già pescato e fumato e bevuto tutto Hemingway, e Graham Greene ha fatto il resto... E allora dirotto per Panama!

Sì, vado a Panama. Là mi sentirò un naufrago più credibile. L'aria solitaria ce l'ho, quella da mistero mi verrà al secondo rum, quella da avventuriero al terzo. Al quarto, già mi vedo, sarò terribilmente affascinante e dovrò tenere lontana a forza la francese che si sente sola, esiliata pura lei da qualche parte. Trafficanti, rifugiati e fuoriusciti mi saranno compagnia più gradita di commercialisti, esattori, segretarie e farmacisti in attesa di samba e trenino di mezzanotte, di questi sì che non ne posso più. L'ultima volta che ho partecipato a una cena aziendale natalizia me ne sono andato, fingendo che mi squillasse il telefonino, prima che l'animatore armato di microfono si avvicinasse al mio tavolo. L'ho fatto per lui, per evitare la tentazione di renderlo finalmente inanimato. La penultima ho abbandonato la sala mentre un tipo con la barba, di solito politicamente impegnato, schiacciava un palloncino con il sedere dopo aver indovinato le prime note di una canzone, tra gli sghignazzi dei colleghi e lo sguardo benedicente del datore di lavoro.

No, mai più rivivrò scene del genere, a costo di cedere anch'io al fascino dell'agriturismo sulla collina più impervia della Maremma tosco-laziale. Ho letto di alcuni veramente all'avanguardia in quanto a tecniche rilassanti. Al mattino ti svegli nel fruscio filodiffuso di foglie e ruscelli e subito dopo ti portano a raccogliere funghi e bacche, al pomeriggio ti insegnano come sentirti parte dell'universo abbracciando gli alberi e rotolandoti sull'erba, apprezzando tutto ciò che madre-terra ti propone, ricci di castagno compresi, e alla sera, per i più fortunati, c'è la possibilità di ascoltare in lontananza l'ululato dei lupi di cui certe organizzazioni ambientaliste hanno ripopolato quelle lande, con buona pace dei pastori di pecore smarrite dei dintorni.

Eh sì, un bel Natale anche questo, sarebbe. Con meno italiani intorno e più tedeschi, inglesi e olandesi, niente occhiali da sole e giacconi da brigante griffati, e invece sandali e pantaloncini corti anche al brindisi di mezzanotte. E niente fuochi d'artificio da palazzinaro romano, surrogati da una politicamente corretta fiaccolata. Vacanza intelligente, migliore della classica settimana sulla neve, soluzione che, lo ammetto, una consolidata tradizione di commedie anni Ottanta mi rende pregiudizialmente abietta. Ma poi, che mi importa, a me, della neve se sto per attraccare a Panama... signori un ultimo tè, chiede il cameriere?

No, è mia madre che mi avverte che dall'anno scorso alcune palle si saranno rotte, e c'è quel cammello di re-mago azzoppato da riparare, e la carta per fare le montagne accartocciata, e c'è da fare un po' di muschio... Ci vado io!, urla mia nipote mollando pure lei la scala. Ma ormai non importa, non cado più. Ho già afferrato la prima scatola, quella con le statuine del presepe. Canarie, Maldive, Sharm el-Sheik, steppe della Mongolia, atolli, palme e bambù... e anche Panama. Se ne riparla l'anno prossimo, se mai. Qui ci si aspetta che io faccia il presepe, una piccola Betlemme, mica un nuovo quartiere residenziale qualsiasi. Non posso lasciare proprio adesso. Da capitano però mi sarà pur concesso un privilegio, uno scambio favorevole. E vabbè, il muschio fallo pure tu, concedo al mozzo di cinque anni. A mezzanotte però il Bambino quest'anno ce lo metto io.