C’è sempre il tipo che si avvicina con una mole di fogli sotto il braccio, rilegati o spillati o semplicemente raccolti dentro una confezione di plastica. Non avete fatto in tempo ad accorgervi di lui. State uscendo da un convegno, poniamo. State entrando in un punto di ristoro durante una fiera. State lì, crogiolandovi nei beati cazzi vostri, quando il tipo si fa sotto. Potevate dribblarlo, non c’è dubbio, ma vi è sfuggito. Forse è un campione di mimetismo, chissà, forse ha avuto quel tanto di culo che basta, ma adesso è qui di fronte a voi. Non cadete vittime di quell’oscuro senso di minaccia. Cercate di fissare un punto tra i suoi occhi spiritati. Assolutamente non guardategli le labbra mentre parla, lo prenderebbe per un segnale d’interesse. Ascoltate, educati come al solito, ma state all’erta. Perché questo è il momento di sfoderare la vostra strategia migliore.

«Avevo in mente questo grande romanzo storico, sai… una metafora della società contemporanea. Carlo V e Berlusconi…».
«Ci hai messo i colloqui di Ratisbona?».
«Cosa?».
«I colloqui. Di Ratisbona».
«…No».
Concedete all’interlocutore un mugugno di disapprovazione, poi aggiungete:
«Sembra che Melantone avesse il mal di denti, quel giorno… ma dimmi ancora della metafora».
«Insomma, la corruzione…».
«Certo, la corruzione, ma quella riguarda Carlo I».
«Che c’entra Carlo I?!».
«Carlo V d’Asburgo era Carlo I di Spagna, prima di comprarsi l’elezione a Imperatore. Si parla di ottocentocinquantaduemila fiorini sborsati ai vari principi elettori. Soldi dei Fugger, in gran parte, e altri banchieri, genovesi, fiorentini».
«Capisco».
«Ma dicevi?».
«No, niente. Sto scrivendo questo romanzo».
«Una grande metafora della società contemporanea».
«Già».
Guardatelo prendere il largo. Questa era la tecnica del ti rompo il culo sul tuo territorio.
«Ti ho detto che sto scrivendo un grande romanzo storico?».
«Maddai! Che idea favolosa! Mi passi un’altra tartina per favore?».
«In verità nasconde una metafora sull’Italia contemporanea».
«Un’idea a dir poco geniale. Mi compiaccio. Prendimi anche quella lì col salmone».
«Il mio lettore dovrebbe calarsi nella prospettiva di un avventuriero del XVI secolo…».
«Minchia, la prima era favolosa, ma cosa c’era dentro?».
«Non lo so».
«Vedi se riesci a trovarne un’altra uguale, ti dispiace?».
«…».
«Deliziose, queste tartine».
«Ti dicevo del mio romanzo storico…».
«Senti, devo assolutamente scoprire chi sono i tizi del catering, non le trovi geniali queste tartine?».
Andate avanti sino allo sfinimento dell’interlocutore. Questa exit-strategy la chiamiamo depistaggio culinario.
«Allora, che c’è di nuovo?».
«Mah, niente, sto scrivendo una roba, una cosetta…».
«Tipo?».
«Un romanzo…».
«Biografico?».
«No, un romanzo…».
«Fantasy?».
«No, aspetta, un romanzo…».
«Gotico?».
«Storico. Sto scrivendo un romanzo storico ambientato…».
«Nella preistoria? Sarebbe magnifico. Ma forse non proprio storico».
«No, è ambientato…».
«Durante il nazismo! Mi sembra un po’ sfruttato come tema…».
«Ma no! È ambientato…».
«Alla corte del Re Sole».
«Nel XVI…».
«Arrondissement!».
«No, cazzo. Nel XVI…».
«Del Purgatorio! Sì come cieco va dietro a sua guida / per non smarrirsi e per non dar di cozzo / in cosa che ‘l molesti o forse ancida…».
E via così, con la tecnica dell’interruzione perpetua.
«Ho qui un romanzo storico…».
«Fa’ vedere».
«Ecco».
«Mh. È ambientato ai tempi di Carlo V».
«Sì».
«Perché?».
«Come… perché?».
«Perché?».
«Be’, per sviluppare tutta una metafora che conduca il lettore alla critica della società contemporanea».
«E perché?».
«Non capisco».
«Voglio dire… perché non vai a spaccare un Mc Donald’s invece di scrivere un lungo romanzo storico ambientato nel XVI secolo?».
«Credo che la metafora sia più efficace».
«Credi?».
«Sì».
«E perché?».
Tecnica del bambino in tilt.
La “leziosetta”:
«Bene, io avrei questo romanzo storico…».
«Ci sono i cavalieri?».
«È pieno».
«Ottimo. Pittori scapestrati ce li hai messi?».
«Un paio».
«Grandi trame politiche? Misteri templari? Preti che complottano?».
«Quanti ne vuoi».
«È ambientato nl XVI secolo?».
«Esattamente».
«Carlo V o Francesco I?».
«Carlo V».
«Porca… cercavo proprio un libro come il tuo, ma ambientato alla corte di Francesco I. Sai, quest’anno va la Francia…».
«E io che faccio?».
«Cambia i nomi, le armature, gli stendardi, la lingua e sposta l’azione un po’ a destra sul mappamondo».
«Poi torno?».
«Siamo sempre qui».
Tecnica del figlio di mignotta infame:
«Allora, ho scritto un grande romanzo storico ambientato nel XVI secolo».
[Smorfia diabolica] «Anch’io».