«Quello che è scritto qui, in questo taccuino, sono dati enciclopedici banali, senza valore per chicchessia tranne che per me e per mia madre: nomi, luoghi, date. È quanto riuscii a copiare in fretta, sul far dell'alba. Ma ciò che rende questa enciclopedia unica al mondo – a parte il fatto che si tratta di un esemplare unico – è il modo in cui sono descritti i rapporti umani, gli incontri, i paesaggi; tutta la ricchezza di particolari di cui è composta una vita umana».
DANILO KIŠ, Enciclopedia dei morti

Ricchezza dei particolari: la pagina prosegue con una straordinaria resurrezione delle atmosfere affastellate del villaggio di Kralievčani. Kiš ama insistere sulla precisione, sulla quantità dei dati, sulla loro funzionalità. I dati sono il reale valore di una costruzione di ordine enciclopedico. I dati – la loro asciutta completezza – costituiscono la forma «esauriente» di un sapere che rimane spiccatamente narrativo. Nell'enciclopedia il battito della narrazione è imposto dall'ordine cronologico delle voci: il racconto è quello – avvincente, per molti versi – della nostra stessa formazione. Ricapitoliamo: nomi, luoghi, date. La lezione, qui, riguarda la capacità di strutturare, attorno a ciò che si scrive, un sapere enciclopedico. Penso ai grafici di Balzac, alle «cinquemila cose» che riguardano la vita dei personaggi di Philip Roth. Cose che uno scrittore deve conoscere, anche se sono destinate a rimanere sullo sfondo, persino se verrà deciso di ometterle (l'omissione era fra le tecniche preferite di Hemingway).

Lo scrittore alle prime armi passa il tempo a indicare. Indica e indica e indica, credendo che nominare le cose basti a fornire loro un corpo, una presenza, una funzione. Nell'enciclopedia (una qualsiasi, anche la nostra pura enciclopedia mentale) quello ostensivo è invece l'atto preliminare, l'atto originario, il movimento – fermandoci al romanzo – in cui la narrazione attinge, assieme alla sua forza, il proprio istinto caratteristico. Non è un caso che un astuto scrutatore di motivi letterari come Roland Barthes fosse letteralmente ossessionato dall'enciclopedia. La presenza delle cose si avverte attorno al testo, le cose – soprattutto se omesse o lasciate intendere – hanno un peso (è quello che Martin Amis chiamerebbe il dominio oscuro dell'informazione). È il peso delle cose assenti (ma conosciute) che garantisce al racconto la sua specifica densità, quell'aria di saper rappresentare tutto il mondo staccandone distrattamente un pezzo. L'enciclopedia, al contrario, vuol mettere assieme tutti i pezzi del mondo. A conti fatti, l'enciclopedia è un romanzo fallimentare (perché l'unico protagonista è un lettore che si smarrisce nelle sue trame), mentre il romanzo può contenere virtualmente in sé l'enciclopedia di un mondo intero, semplicemente suggerendone l'idea.

Fabrizio Patriarca