Eppure capitano ancora quelle domeniche passate in casa ad aspettare, anche se c'è il sole fuori, ed è autunno e non è detto che domani ci sia ancora. Sarà colpa dei ricordi, di altre domeniche di compiti rimandati di quarto d'ora in quarto d'ora, un orecchio a Tutto il calcio minuto per minuto e un occhio alla schedina, compilata due giorni prima, a scuola, durante l'ora di disegno, 1X2 la formula matematica preferita. L'altro occhio e l'altro orecchio flirtanti con la TV, Domenica In su Rai 1, L'altra domenica su Rai 2, telecomandate in dosi diseguali a seconda del grado di post-adolescenziale trasgressione: l'elegante Corrado o l'ammiccante Renzo Arbore, la fidanzata ideale Dora Moroni o i collegamenti da Parigi della glamour Isabella Rossellini e le incursioni pattineggianti di Milly Carlucci non ancora formato famiglia, Pippo Franco o le Sorelle Bandiera, Isotta dai che ce la fai o Fatti più in là. E poi, quando finalmente «vabbè guardiamo un po' questa versione di latino, un'oretta e ce la faccio», eccola, squillante e irrinunciabile: la sigla di Novantesimo minuto. Spalti che si riempiono a velocità aumentata, la poltrona del salotto lì ad aspettarci da un pomeriggio intero.

Non c'è niente da fare. La solitudine della domenica pomeriggio o la scampi subito al primo richiamo di tua moglie – c'è il sole, usciamo? – oppure ti ci perdi. È la credenza di Rimbaud, apri le ante nere di quercia e ci ritrovi tutto. Il secondo mugugno – va be', io vado di là – lo sa anche lei, è puramente pro-forma. C'è quel libro ancora da leggere, il romanzo che oggi comincerò a scrivere (tra cinque minuti accendo il computer), il bicchierino di rum, c'è perfino la radio, volendo, ma i risultati tanto vale seguirli direttamente alla TV. Pazienza se sopra il sottopancia con gli aggiornamenti c'è un'accozzaglia che quando non urla gracchia. Carnascialeschi sfilano il conduttore con gli ultimi cento capelli cotonati e tinti, forse uno per uno (eh già, quant'è bella giovinezza...), il prete dei VIP (deve essere una nuova branca della teologia), un'ex velina ex fidanzata di un ex calciatore (questi lieti satiretti delle ninfe innamorati), due reduci del Grande Fratello (rinchiusi tre o quattro mesi nella stessa casa, sono loro Bacco e Arianna, belli, e l'un dell'altro ardenti, se non si sono scannati ma solo baciati), un cantante anni Cinquanta tutto vestito di nero con la cravatta bianca, una sociologa (o ha detto sessuologa?) in severo tailleur, l'aspirante cantante-conduttrice-soubrette bella ma intelligente, che nell'attesa che qualcuno decida per lei fa l'opinionista e continua ad accavallare le gambe.

No, no e poi no, altro che pazienza, questa è una malriuscita parodia di commedia dell'arte, senza nemmeno il beneficio delle buone cose di pessimo gusto. Qui c'è solo il pessimo, non basta neanche togliere il volume, urge cambiare canale, meglio lo sfondo nero e antiquato del televideo per i risultati. Certo, ci sarebbero i canali satellitari, lì i gol addirittura li sparano in video-tempo-reale, con tanto di inquietante colonna sonora ad annunciarti che la tua squadra ormai è spacciata, e gli speaker che snocciolano cifre, tiri, date di nascita, possesso palla, fuorigioco, falli fatti e subiti con la velocità con cui Adriano De Zan elencava i nomi dei corridori via via che tagliavano il traguardo. Solo che il buon De Zan recitava una poesia a memoria, questi invece urlano un bollettino di guerra direttamente dal fronte. Di guardare Quelli che il calcio neanche se ne parla, quella ormai è roba da radical chic. Mi tengo il televideo, mi sento più originale, chi lo guarda più ormai nell'epoca di Internet, e poi nel suo silenzio dà più speranze alla mia squadra, magari finisce 0-0.

La commedia dell'arte vera, quella che dava il colpo di grazia alle speranze di finire la versione di latino prima di cena, non c'è più, l'hanno abolita, non per questioni di gol che non si possono trasmettere, come tutti pensano, ma perché era politicamente scorretta. Il corrispondente da Ascoli con gli accenti tutti sbagliati, quello da Genova che lesinava perfino i sorrisi, i due da Torino, uno con le guance e il naso rossi di che cosa se non di Barbera e la cravatta come una tovaglia, l'altro capelli bianchi e doppiopetto da dirigente Fiat e che pronunciava Causio con l'accento sulla ù, il toscano che ci mancava poco dicesse "o che tu fai", il napoletano contornato da un nugolo di scugnizzi che lo strattonavano per un'inquadratura, i tre o quattro che si alternavano da Milano, spiritosi e pignoli come Aldo, Giovanni e Giacomo: chi altri erano se non Arlecchino, Meneghino, Gianduja e Pulcinella in uno dei loro più riusciti travestimenti?

Ecco perché ci chiedevamo sempre alla fine di ogni collegamento: ma ci sono o ci fanno? Oggi non c'è pericolo. I giornalisti che stanno già commentando i gol sull'altro canale hanno accenti, nasi, guance e sorrisi perfetti, e il senso dell'ironia di un pareggio a reti bianche. Con le loro cravatte stirate e dritte avrebbero guardato storto uno come Beppe Viola, milanese spiritoso ma non pignolo – camicia, cravatta e sudore di chi ha appena perso il bus al volo – che durante una indimenticabile Francia-Kuwait dei mondiali dell'82, spiegando il perché della presenza in panchina e non in campo del fantasista bohémien e anche viveur Larios, inviso a Platini per questioni di donne, almeno girava voce, concluse così la divagazione dalla noia in campo: «Se dopo la partita venite giù al bar vi racconto com'è andata». Forse per parlarcene si sarà distratto e avrà dimenticato di annotare sul tabellino un fallo laterale a favore del Kuwait, ma chi se ne frega. Noi poco ci mancò che ci andassimo sul serio al bar sotto casa.

Magari ci faccio un salto adesso. Pochi minuti. Per protesta. Breve interruzione dal lavoro indetta dal sindacato degli amanti delle domeniche passate in casa ad aspettare, davanti alla televisione. Tanto, delle interviste del dopo partita non mi importa nulla, frasi fatte prodotte industrialmente come un cinepanettone, senza neanche la speranza di un presidente o di un allenatore che rimarchi «È stato un avversario molto ostico e anche agnostico», o «Mah, secondo me il rigore era nettamente netto».

Provo a togliere il televideo e a girare rapidamente i canali. Il conduttore di prima, il prete dei VIP, l'aspirante-tutto-bella-ma-intelligente e la sessuologa rimbalzano ovunque, non più tutti insieme, ciascuno a dispensare la propria opinione in una trasmissione diversa. Nel frattempo l'ex velina ha lasciato l'ex calciatore e sta con il reduce del Grande Fratello, e la reduce della casa sta con l'ex calciatore.

Ma sì, ci vado al bar. Ci vado...

Enrico Bistazzoni