Ore 11.00, palestra su via Rocca Cencia, borgata Finocchio.
Giorno di panca, ma la panca è occupata.
Renatino sta alzando tipo centoventi chili, più bilanciere. Renatino sta in una batteria di rapinatori molto rispettata in zona, quindi figurati se non lo rispetti pure tu. Lo chiamano lo Sbadato perché quand’era piccolo suo padre ha ammazzato la moglie con una pistolettata “accidentale” – il padre poi ha avuto le attenuanti, lui s’è beccato quel soprannome preterintenzionale.

 
- Ci vogliamo alternare? – domandi.
- Ss-se.
- Ti serve una mano?
- Mmmmmh… sì, móntece sopra.
Finisce una serie da quindici, le vene sulle braccia somigliano a una rete di oleodotti afgani.
- Allora, che fai, guardi?
- Faccio il pubblico – dici.
- Pubblico di merda.
- Dai, leva qualche pizza ché tocca a me.
Ti squadra.
- Co’ ‘sta canottiera pari Fantozzi.
- Fantozzi cià la panza.
- Fantozzi – ribadisce Renatino – è geniale. Iconoclasta. Smaschera la sinistra egemone che vuole infliggere la cultura al popolo, riempiendosi la bocca di paroloni, ma intanto tiene sotto i lavoratori. Poi irride la borghesia che si ribella solo perché c’è la partita.
- E allora?
- Le parole sono importanti.
- E basta! Fammi fare ‘sta panca piana.
- Ma sì, continuiamo così, facciamoci del male.
Finisci la panca e vai dritto ai cavi, c’è fila pure lì.
Omar è un negretto dominicano di sessanta chili super-shredded, spesso ti interroghi sulle sue abitudini alimentari, il trionfo della massa magra.
- Daje Fabbri’, connesso!
- Non lo so, oggi so’ stanco, non sento la giusta vibrazione.
- Signora lei mi deve spiegare che cos’è una vibrazione…
- Hai visto le nuove barrette proteiche al distributore?
- Sì ma nun so’ a chilometro-zero, nun me fiderei. Io sul food so’ esigentissimo.
- Vabbe’, finisco qui ai cavi e me ne vado.
- Me sfilo pure io, a casa m’aspetta la decima puntata di The Handmaid’s Tale. Te lo stai a vede?
- Ma in streaming?
- E certo, mica vorrai aspetta’ che facciano er solito massacro fra traduzione e doppiaggio.
Sui maxischermi silenziati della sala pesi sta girando un’intervista a Matteo Renzi, l’uomo-ghigno-pupillo in status di fermentazione perenne, troppo fedele alla retorica acquisita per riuscire a comprendersi da sé, anche quando il volume è a zero e il labiale illeggibile per via delle guanciotte. E c’è il proprietario della palestra incazzato nero che si sbraccia all’indirizzo del suddetto.
- Matteo, di’ una cosa di sinistra! Di’ una cosa anche non di sinistra, di civiltà…

 

Ore 22.00 salotto dell’Editore Cool in zona nomentan-villinesca.
Serata di celebrazione del Premio Pulitzer tradotto dall’Editore Cool.
Buffet delicato, vinelli biologici, ospiti che hanno contribuito con stuzzichini minimal-casalinghi e vassoietti di paste da urlo – ci saranno una quarantina di persone, le paste sono solo dieci, ti senti lontanissimo, ahimè, dalle feste cafonal-nouveau-riche: niente inondazioni di Kristal su massicciata di aragoste, niente «gradisce un’altra palata di gamberoni» biascicato da un cameriere ubriaco. Accanto a te sono seduti il Critico Letterario del Momento con la Fidanzata d’Ordinanza – pittrice, scultrice, non ricordi bene, comunque creativa – e poi, su una poltrona astutamente piazzata lungo la linea Maginot fra il tuo corpo e il vassoietto di paste, la Scrittrice del Momento di cui editori e agenti da qualche tempo non fanno che cercare l’emula, o anche l’erede, ovvero un clone-oppure-clonessa. L’atmosfera è gaiamente sofisticata, il Premio Pulitzer premiopulitza disinvolto in un angolo con gli ospiti che parlano un inglese impeccabilmente man’ha’n, e dall’altra parte del salotto la Giornalista di Cultura racconta della sua ultima visita al Mostro-Sacro/Grande-Vecchio Ffe’lep Rrrroofh giù in Connecticut.
Accolto da un’infiorata di sospiri entra lo Scrittore del Momento Scorso, tuttora piuttosto celebrato. Circostanziali deiezioni di gioia fra gli astanti – una punta di garrulo/gratulo sollievo, o quello che è. Qualcuno si scomoda per fargli posto.
- Ce l’hai fatta!
- Da casa a qui in diciassette minuti, Alboreto is nothing.
- Ma prenditi una pastarella, va’…
Per tutta risposta lo Scrittore del Momento Scorso abbranca l’intero vassoio e se lo sistema in grembo.
La Giornalista di Cultura ha qualcosa da ridire:
- E a noi, scusa?
- Iside, famme ‘na pompa.
- Hai visto che c’è il Pulitzer? – (Scrittrice del Momento).
- Visto, visto. Ma libidine è qui, amore: sole, whisky, e sei in pole-position!
- Io il libro l’ho trovato un po’ ruffiano… - (Critico Letterario del Momento).
- Il Pulitzer?! – (Scrittore del Momento Scorso).
- Ma no, caro, il tuo, ci tenevo a dirtelo, con quella franchezza che c’è sempre stata fra noi.
- E il Pulitzer com’è? Non l’ho ancora letto – (Scrittrice del Momento).
- C’è ‘na mafia giudia che mette spaventooo!
Si avvicina una faccia torva, è lo Scrittore del Momento Passato Non Più Recente, che naturalmente odia lo Scrittore del Momento Scorso e massimamente spregia la Scrittrice del Momento e avrebbe inoltre una certa voglia di mescolare le sue carni a quelle della Fidanzata d’Ordinanza del Critico Letterario del Momento. Tu che sei stato lo Scrittore di Un Momento capisci la profondità, nonché la fatalità, di queste intersezioni momentanee e ti allontani con una scusa, ma vai a sbattere contro il Premio Pulitzer e la Traduttrice del Pulitzer trascinati sottobraccio dall’Editor dello Scrittore del Momento Scorso e dall’agente della Scrittrice del Momento. Vacilli, tutto il resto assopisce serenamente in uno sfarfallio social, i selfie partono in automatico davanti ai piattini di carta dove misurati, discreti, cremolati, fumigano i fusilli. De fiusils, come da calco californiano by Premio Pulitzer via-Christian-De-Sica. Alla fine si sta bene, perfino lo Scrittore del Momento Passato Non Più Recente sembra aver negoziato una tregua, almeno con la Giornalista di Cultura, che molto confidenziale gli pesca un fiusil dal piattino. Poi lo Scrittore del Momento Scorso manda tutti a ribaltarsi dalle risate sui divani interpellando la cameriera:
- Assunciòn! Porteme ‘na pera, che me scioje er mantecato de mamma.

 

NOTA: Si possono leggere i cinepanettoni in chiave carnevalesco-bachtiniana, come ha fatto Alan O’Leary in Fenomenologia del cinepanettone, Rubbettino, 2013. Il fatto è che il corpo di Massimo Boldi finisce per ingoiarsi anche il possibile discorso, à la Bachtin, sul corpo-carnevalesco, così come l’analogia apertamente rivoluzionaria tra la ribellione nel cineforum fantozziano e le vicende della Corazzata Potemkin è finita risucchiata dalla potenza del meme «è una cagata pazzesca». Mi sembra che tra la retorica da fandom di Vacanze di Natale e quella da salotto radical-chic non vi sia differenza: per come funzionano, dico. A ognuno il suo meme. «Con quella franchezza che c’è sempre stata fra noi» è battuta di Vittorio Gassman/Cimino a Renato Rascel/Coppola da Il giudizio universale, 1961 – che per una serie di motivi considero la matrice (occulta, involontaria) dei cinepanettoni odierni.