Pianificare, programmare, far riunioni, definire obiettivi, consolidare strategie, il tutto addolcito dall'inglese, liofilizzato nel gioco degli acronimi, formulette come vecchie biglie gommose nei distributori da luna park, anche se son decenni che luna park, biglie e palloncini hanno un'aria vagamente nociva, e non solo per colpa di Stephen King. A ogni modo, pianificare, programmare, definire eccetera. Sempre.

Così ci dicono. Così ci hanno insegnato, dalla Morgan Stanley al call-center, dalla libreria Feltrinelli al banco frutta, ovunque ci sia capitato di metter piede in cerca di occupazione dopo laurea, due master e otto stage. Al banco frutta il primo mese abbiamo guadagnato di più che alla casa editrice o alla redazione del quotidiano locale, dunque abbiamo investito in un chilo di pere che fanno bene e in un agile manuale tra self-help, consigli di autopromozione e pianificazione aziendale. Dalle cui pagine abbiamo edotto che siamo fortunati, siamo sulla strada giusta, e mentre infiliamo pere in una busta – Ma che mi dà? Nun vede che è pesta?! – o ci appendiamo a uno scaffale per nascondere qualche inutile edizione dei racconti di Checov, basta che continuiamo a pianificare, programmare, definire, ché nel lavoro come nella vita serve, serve sempre. Da qui, l'idea per questo inestimabile vademecum.

Leggendo manuali e ascoltando talk show alla ricerca di scorciatoie per la Verità, ci siamo rassegnati al fatto che gli italiani sono un popolo di scrittori: i Santi si sono estinti, i Navigatori si sono nascosti per paura del fisco; restavano i Poeti, ma questi sono tempi prosaici, e se ti va bene con la narrativa puoi perfino guadagnar qualcosa.
Quindi, scrittori. Tutti. Anche quelli che non scrivono. E quelli che hanno scritto, che stanno per farlo, che vogliono farlo, che non sanno come farlo. Una volontà più categorica e fatale di quella che spinse l'antica Roma incontro al suo destino pervade noi eredi diretti di quella civiltà. Scriviamo, non per scrivere ma per parlare, e se dobbiamo parlare, come diceva Zavattini, parliamo tanto di me.
Cambiato tutto. Altroché. Per questo scrivere soltanto non basta più. E allora, per destreggiarsi un po', mentre si sogna un lettore, venticinque lettori, ventimila, e un editore, sì, ma anche no, l'editore posso pure mandarlo a coglier fragole, ché oggi mi autopubblico, hai visto quell'americana che ha iniziato così e ha fatto i milioni... E allora, pianifichiamo.

Innanzitutto, anche se fin qui abbiamo giocato, la faccenda è seria, serissima. Perché se l'esercizio solitario e creativo della scrittura non basta più, da lì si parte. E in quel territorio del diavolo, anche nelle nuove frontiere della scrittura collettiva, anche quando un gruppo di sceneggiatori fumano e decidono che ne sarà di Ciro Di Marzio nell'ultima puntata diGomorra, ognuno è solo quando dice la sua. Quando pensa, e le mani vanno sulla tastiera. Nonostante Twitter e Facebook e gli altri crocevia della rete, nonostante la fabbrica di incontri, presentazioni e festival letterari ogni anno, si continua a essere soli quando si insegue qualunque obiettivo che non sia una rivoluzione armata. E scrivere, indipendentemente da come lo si faccia, è un atto di solipsismo estremo. Di vanità. Ma anche la vanità va disciplinata.
Queste che seguono vogliono appunto essere pillole di disciplina. Un ragionamento sulle tappe essenziali – e il modo migliore di affrontarle – lungo il cammino dell'aspirante esordiente che ha appena messo la parola fine al suo romanzo, e ora si trova alle prese con questa cosa, questo gomitolo di emotività da maneggiar con cura, rileggere, magari ripensare, per poi srotolarlo in giro per il mondo.

1) Come un buon vino: lasciate decantare un po' il vostro manoscritto. Prima di rileggerlo tutto d'un fiato, aspettate che si sia sedimentato il caos di parole col quale evete lottato per settimane e mesi.
2) Come a Masterpiece: del discusso talent, imitate almeno la spietatezza. Piuttosto che costringere a forzate letture fratelli e mogli, arrischiate il confronto con chi, competente, non vi deve però niente né vi vuole bene.
3) Come in una fiaba: bimbi smarriti, voi e il vostro romanzo avete fatto tanta strada insieme. Ma ora basta correggere all'infinito come in preda a un tic! Alle soglie dell'oscura selva editoriale, posate la penna e abbiate il coraggio di separarvi, per verificare se l'uno sopravvive senza l'altro.
4) Come Isole nella corrente: ma le correnti son cambiate e cambiano di continuo. Sempre più cose da valutare e tempi sempre più stretti, per gli addetti ai lavori. Per individuare la giusta rotta e avere più chance di toccare terra, affidarsi preliminarmente a un editor, a un agente o a un consulente esperto, al di là degli scetticismi diffusi, soprattutto oggi può servire.
5) Come virus: scrivere non basta più? E voi siate "virali" nella vostra strategia di autopromozione, che oggi deve penetrare principalmente sull'ecosistema dei social network. Prendete la cosa alla leggera, senza inutili snobismi. Se ben frequentati, Facebook & Co. possono aiutarvi, procurarvi un bacino di lettori e regalarvi soddisfazioni.
6) Come da manuale: rispettate la netiquette generale, ma tenendo presenti anche le differenze tra i singoli canali, ad esempio tra il "popolare" Facebook e l'"elitario" Twitter.
7) Come specialisti: già, Twitter. Un capitolo a parte. Il social più snob, più difficile, più battuto da editori e autori. Promuovere un libro, parlar di sé, esprimere un'opinione, anche polemica, è qualcosa che deve privilegiare uno stile aforistico, ma anche indiretto com'è l'ironia, o prettamente informativo. Meglio dire "all'ora x presentazione del libro y", piuttosto che "accorrete, è uscito il mio libro!".
8) Come all'Elevator Pitch: saper "comunicare" il proprio romanzo a scout ed editor è importante: un proposal e una sinossi accattivanti sono la versione scritta dell'ormai famigerato pitch visto in tv.
9) Come cecchini: dice un vecchio adagio: "Non è bene sputare su tutto e tutti. Bisogna, prima, prender bene la mira". Seriamente: meglio esser consapevoli fin dall'inizio dei marchi editoriali più adatti a recepire la vostra proposta. E prendete di mira anche i concorsi letterari, oggi terreno di scouting monitorato con attenzione dagli editori.
10) Come un gambero: tornate al punto 1, anzi, più indietro ancora, e leggete. Leggete tanto. Createvi un paesaggio vostro. Per poi non imitarlo.